Riforma forense. Diretta d’aula.

 A Zeropositivo  quelli del terzo Polo avevano garantito la presentazione di emendamenti d’aula sull’Art. e comma 6 e dal resoconto dell’On. Ria pare che sia così.   Conosciamo bene il succo dell’intervento. Pessimo l’On. Palomba dell’IDV, la Frassineti del PDL e ambiguo l’On. Cavallaro del PD. Quindi la situazione non è per niente positiva perchè dal dibattito generale è l’unica posizione chiara. La categoria continua ad essere silente. Vedremo domani.

On. Ria

…………….Quanto agli emendamenti presentati questa mattina dal gruppo dell’Unione di Centro, mi soffermo su quelli relativi all’articolo 2.
Il primo ha ad oggetto l’inserimento, tra le attività riservate in esclusiva agli avvocati, di quelle di consulenza legale e assistenza legale stragiudiziale. L’emendamento in questione stabilisce la riserva esclusivamente nel caso in cui l’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale sia finalizzata a valutare l’opportunità di introdurre un giudizio o resistervi. L’assistenza e la consulenza stragiudiziale sarebbero consentite anche ai non iscritti all’albo degli avvocati se finalizzate alla conciliazione o alla stipula di accordi transattivi. Il secondo degli emendamenti è diretto invece ad ovviare al contrasto in cui incorrerebbe l’articolo 2, comma 6, seconda parte, con una sentenza della Cassazione a sezioni unite del 2008, non consentendo l’esercizio dell’attività di consulenza legale ed attività stragiudiziale ai soggetti in possesso della licenza di cui all’articolo 115 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Si tratta della licenza necessaria per aprire o condurre agenzie di prestito su pegno, altre agenzie di affari e per l’esercizio del mestiere di sensale o di intromettitore. La Corte di cassazione civile a sezioni unite, con sentenza n. 28658 del 3 dicembre Pag. 432008, prevede che la riserva sia destinata agli iscritti agli albi forensi solo nei limiti della rappresentanza, assistenza e difesa delle parti in giudizio, consentendo la prestazione d’opera intellettuale all’ambito dell’assistenza legale nei casi esterni a tali limiti. L’attuale formulazione del comma 6 consente invece, con una ingiustificabile discriminazione, di svolgere attività di consulenza legale e assistenza stragiudiziale in modo autonomo soltanto agli avvocati e ai professori universitari, mentre è possibile svolgerla sotto forma di lavoro dipendente per aziende, enti esponenziali, associazioni di categoria e dei
consumatori. Il tutto in forte contrapposizione con l’evoluzione del diritto verso rami più specialistici e verticali, cui consegue il formarsi di un’intera generazione di lavoratori frutto di una simbiosi tra tecnicità e giuridicità. Le proposte modificative, dunque, sono il frutto dell’intenzione di voler mantenere un sistema di riconoscimento delle professioni che annulli la creazione di nuovi albi, consentendo alle professioni che si sono nel tempo affermate per diritto e per tendenze di mercato di continuare a svolgere legittimamente le proprie attività. ……………………………………………………………….

 

5 Commenti

  1. Mirko Melozzi

    Queste le parole del deputato Cassinelli in sede di discussione sulle linee generali sull’art. 2, comma 6 della riforma forense:

    ..All’articolo 2, comma 6, si introduce la previsione secondo cui le attività di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale sono riservate agli avvocati, con l’eccezione delle attività specificamente riservate ad altre professioni (notai, commercialisti) e facendo salva l’instaurazione di rapporti di lavoro subordinato ovvero la stipulazione di contratti di prestazione di opera continuativa e coordinata nell’interesse esclusivo del datore di lavoro o del destinatario dell’opera. Tale previsione appare pienamente conforme – oltre che alla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. sentenze nn. 1151/02 e 9237/07) che ha considerato riservata ai legali l’attività di consulenza legale svolta in modo abituale e professionale – alle indicazioni provenienti dal diritto dell’Unione europea: si pensi, in particolare, al considerando n. 88 della Direttiva 2006/23/CE (Cd. Direttiva Bolkenstein) il quale annovera la riserva di consulenza legale agli avvocati iscritti in albi tra le eccezioni consentite al principio di libera prestazione di servizi, (ove questa sia prevista in conformità al diritto comunitario).

    La situazione è questa. Da una parte la potente e mostruosa lobby degli avvocati dall’altra solo alcuni, troppo pochi, bravi e coraggiosi combattenti che tentano il miracolo..

    Risposta
    1. STEFANO MANNACIO

      Ci stiamo provando. Tra poco anche CNA dovrebbe ufficialmente pronunciarsi. Speriamo bene.

      Risposta
  2. Lorenzo

    Ma non c’è veramente nulla che possiamo fare ?
    Dobbiamo stare qui con le mani in mano ad aspettare che questi signori decidano del nostro futuro e del nostro lavoro?

    Risposta
  3. patroc. strag. Riccardo Nicotra (CT)

    QUANDO RIPARTIRA’ IL DIRITTO?
    E’ bizzarro, per non dire altro, che si faccia una nuova legge o più di una, utile a violarne altre, alcune addirittura di rango costituzionale, altre di rango costituzionale europeo.
    E’ ORA DI FINIRLA, COSTI QUELLO CHE COSTI, LE LEGGI AD CASTAM E AD PERSONAM.

    IMPROVVISAMENTE NEGLI ULTIMI DECENNI, ANDARE AL PARLAMENTO, E’ DIVENTATO UNA ZONA FRANCA DALLA QUALE TRAMITE CATERPILLAR DA CAVA, E’ POSSIBILE ASPORTARE QUELLO CHE SI VUOLE, SENZA LIMITE DI QUANTITA’ O CAPIENZA, ENTRO IL TEMPO LIMITE DELLA LEGISLAZIONE, COME CERTI CONCORSI A PREMI, DI CERTE CATENE SI SUPERMERCATI: APPENA SCATTA IL VIA, RIEMPITE IL CARRELLO DELLA SPESA DI QUALUNQUE COSA E SOLO QUELLI CHE RAGGIUNGERANNO LA CASSA ENTRO IL TEMPO X, NON PAGHERA’ NULLA!

    IL POPOLO ITALIANO, NON E’ MERCE DA BANCO !!!!!!!!!!!!!!!!!
    FARE UNA LEGGE PER FAR DIVENTARE LEGALE CIO’ CHE ILLEGALE E’ GIA’ SOLO A PENSARLO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
    SIAMO AL TOTALITARISMO ………………………………………………..
    …………………………………DISTRIBUITO NELLE MANI COLONELLI!
    Ma si ricordino i colonnelli, che loro sono in pochi, noi siamo in tanti, e la storia con i suoi corsi e ricorsi non permette a nessuno,
    di regredire, salvo che avvengano dei cataclismi mondiali.
    Possibile che non abbiamo artificieri tanto abili, come quelli della “Breccia di Porta Pia”, da fare in modo poco dopo, d’irrompere i bersaglieri?
    Io penso che ogniuno di noi, è artificiere e bersagliere contemporaneamente in cuor suo, ma l’esercizio di tali caratteristiche vuole fede e abnegazione, ogniuno deve credere in sè e nei propri sogni o progetti o fini, come vi pare, diversamente come mandrie, andremo dove vuole il “l’abile da sempre, pastore”, e non come si è deciso insieme.
    Non mostriamoci, nè comportiamoci da pecore, il tempo è troppo breve.
    Da http://www.paceediritti.it:
    Le leggi anti-discriminazione nell’Unione europea
    (febbraio 2008) Come funzionano le leggi anti-discriminazione nei paesi membri e come sono regolate dall’UE immagine simbolica diversi popoli La Direttiva sull’Uguaglianza razziale (2000/43/EC) e sul Lavoro (2000/78/EC) sono state approvate dall’Unione europea per proteggere i cittadini contro ogni forma di discriminazione. Nel 2007 la Commissione europea ha finanziato la preparazione e la pubblicazione del report “Sviluppare le leggi antidiscriminatorie in Europa” che analizza e confronta le leggi in 25 stati dell’Unione europea, indagando quanto la realtà dei fatti contrasti con le Direttive.
    I campi di discriminazione-
    Le direttive prevedono i seguenti settori di discriminazione: razziale o etnica, religiosa, per orientamento sessuale, disabilità e anzianità. Tuttavia la legge europea non definisce la base, né la legislazione vigente dei singoli paesi membri e questo causa non poche ambiguità. Per quanto riguarda la definizione di “discriminazione razziale ed etnica” ci sono due importanti problemi da considerare. La prima questione riguarda il concetto di razza nell’ambito della legislazione anti-discriminazione. Nonostante la direttiva sull’uguaglianza razziale stabilisca chiaramente che l’Unione europea rigetta la teoria in base alla quale esistono razze umane diverse, alcuni Stati membri sono fortemente contrari all’uso di questo termine. Per esempio, Finlandia e Svezia preferiscono usare i termini “origine etnica e nazionale” e “appartenenza etnica” piuttosto che razziale. Il secondo problema consiste nella sovrapposizione fra “origine razziale ed etnica” e altre caratteristiche come nazionalità, lingua o religione. Nei Paesi Bassi la giurisprudenza ha riconosciuto la possibilità che le discriminazioni nei confronti di ebrei e, in alcune circostanze particolari, di musulmani, possano essere equiparate a discriminazioni razziali. Nel Regno Unito le discriminazioni verso ebrei o sikh sono definitivamente considerate discriminazioni basate sulla razza (in particolare, di origine etnica). Per quanto riguarda l´applicazione delle norme della direttiva sull’uguaglianza razziale sulla religione la questione appare controversa: il problema è connesso alla possibilità per organizzazioni – come chiese e scuole religiose – di istituire non solo dei requisiti riguardo la religione dei propri impiegati, ma anche dei codici comportamentali e di abbigliamento per gli stessi. Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito hanno dovuto recentemente affrontare i casi sulla manifestazioni di credenze religiose attraverso l’abbigliamento.
    L’implementazione delle norme sull’orientamento sessuale risulta invece difficile in alcuni casi, come ad esempio quando i datori di lavoro, con una forte etica religiosa, hanno atteggiamenti negativi verso omosessuali, e per i casi di tutela sociale per il partner (come la pensione di reversibilità per il consorte vedovo) garantiti dalle leggi nazionali sul lavoro. Inoltre, alcuni paesi come ad esempio la Polonia, non tollerano affatto omosessuali e bisessuali. Si parla invece di disabilità soprattutto nella legislazione sulla sicurezza sociale di ogni Stato membro più che nelle leggi anti-discriminazione europee. Il riconoscimento della condizione di disabilità è dato dalla durata temporale di tale disagio, durata che deve necessariamente protrarsi nel tempo, sebbene le legislazioni nazionali abbiano metri diversi di conteggio. Per esempio, in Austria e Germania, la condizione di disabilità per definirsi tale deve durare più di sei mesi, nel Regno Unito più di un anno, mentre Cipro e Svezia lasciano i termini indefiniti. Nonostante la direttiva sulla uguaglianza del lavoro introduca una norma molto importante come l’obbligo per i datori di lavoro di fornire ragionevoli agevolazioni per consentire ai disabili l’accesso al lavoro, ci sono ancora problemi per l’implementazione di questa norma. Le leggi nazionali di Italia e Polonia, ad esempio, non riconoscono affatto questa previsione. In Grecia, Ungheria, Lettonia e Lituania, invece, non sono chiare le conseguenze legali per il rifiuto da parte del datore di lavoro di fornire le ragionevoli agevolazioni ai disabili. Allo stesso tempo, la direttiva sull’uguaglianza nel lavoro consente giustificazioni per le discriminazioni legate all’anzianità, sebbene le pratiche nazionali possono variare nelle loro forme concrete. Per esempio, nella Repubblica Ceca non esiste un’età pensionabile obbligatoria a livello nazionale, mentre l’Italia prevede pensionamenti obbligatori ad una determinata età per datori di lavoro sia pubblici che privati.
    Definizione di discriminazione
    Le direttive prevedono quattro forme di discriminazioni: diretta, indiretta, le molestie e le “istruzioni a discriminare”.
    La definizione comune di discriminazione diretta include quattro elementi: la necessità di dimostrare la sussistenza di un trattamento meno favorevole; l’esigenza di un confronto con altre persone in situazioni simili ma con caratteristiche diverse (origini etniche, religione); la possibilità di fare ricorso ad una persone informata dei fatti ma che non appartenga all’attuale ambiente di lavoro (per esempio un ex impiegato) o uno ipotetico, e infine la non-giustificazione (l’unica eccezione in questo caso è la discriminazione di età, sebbene alcune eccezioni specifiche siano anche ammissibili, come l’effettiva necessità di occupazione o datori di lavoro con un’etica religiosa). Per esempio, la legislazione polacca continua a giustificare episodi di discriminazione diretta. La discriminazione indiretta è invece quel tipo di discriminazione non evidente che colpisce il singolo o un gruppo di persone, molto più difficile da definire in quanto agisce in modo non diretto. La legislazione polacca in materia richiede l´applicazione della pena quando l´offesa è rivolta a tutti oppure a un significativo gruppo di persone. A sua volta la legislazione britannica richiede delle prove che dimostrino che l´offesa rechi effettivo danno al singolo, così come al gruppo a cui appartiene.
    La molestia è definita nella direttiva come una condotta non richiesta in relazione ad origini etniche o razziali, a disabilità, etc con il fine o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Ma la direttiva non chiarisce come determinare quando una condotta sia effettivamente molesta o no. In Slovacchia ad esempio l’enfasi è posta sulla percezione della vittima. Un’altra lacuna nella direttiva è la responsabilità del datore di lavoro per atti di molestie causati da un altro lavoratore o da una parte terza, come un cliente. In molti Stati i datori di lavoro hanno la responsabilità a diversi livelli per le azioni compiute dai loro lavoratori. In Germania i datori di lavoro devono prevenire discriminazioni sul posto di lavoro, comprese le discriminazioni provenienti da terze parti. Anche se una legge nazionale non prevede esplicitamente che le “istruzioni a discriminare” siano esse stesse discriminazioni, in questo caso possono essere presi in considerazione dei principi giuridici generali. Grazie a questo, in Francia il rifiuto di un agente immobiliare di affittare appartamenti a persone con cognomi stranieri a seguito di istruzioni dei superiori è stata qualificata come discriminazione.
    Talvolta, al fine di garantire vera uguaglianza, sono necessarie delle azioni positive. La direttiva non prevede alcuna norma vincolante su questo tema, lasciando spazio allo sviluppo della giurisprudenza. Un caso interessante in Svezia riguardava una pratica dell’Università di Uppsala di riservare il 10 % dei posti dei corsi di diritto a studenti con entrambi i genitori nati al di fuori della Svezia. Due studenti a cui era stato rifiutato il posto in base a questo principio, ma che avevano migliori requisiti di accesso, hanno sfidato con successo questa pratica. L’esempio più comune di azioni positive è il sistema delle quote per l’inserimento lavorativo di persone disabili in Austria, Belgio (soprattutto nel settore del pubblico impiego), Cipro, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo, Slovenia e Spagna. Ma, ai sensi della legge, i datori di lavoro sono liberi di scegliere alternative come pagare un rimborso o una tassa. Sebbene il rapporto riveli alcune imperfezioni nella legislazione anti-discriminatoria sia nazionale sia comunitaria, come i problemi di implementazione, allo stesso tempo, dimostra che gli Stati membri hanno fatto significativi progressi preparando la strada ad ulteriori miglioramenti. (Halina Sapeha)

    Risposta
  4. Piero Manzanares

    Abbiamo qualche notizia in più dopo questi pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva?

    Sul nuovo testo del d.d.l. si sono pronunciate le Commissioni I, VI, X e XIV che, pur esprimendo tutte un parere favorevole, hanno chiesto alla Commissione di merito di riconsiderare alcuni profili del provvedimento. In particolare:
    § in relazione all’art. 2 (commi 5 e 6) – che amplia le attività di consulenza e assistenza legale riservate agli avvocati, potenzialmente determinando restrizioni alla concorrenza, come evidenziato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione al Parlamento del 18 settembre 2009 (e ribadito anche dagli interventi dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dell’Attività per l’energia elettrica e il gas) – le Commissioni I e XIV si sono limitate a formulare osservazioni mentre la X Commissione ha condizionato il parere favorevole alla soppressione del comma 6;

    Risposta

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